di Corrado Aaron Visaggio
Se mi trovo in una città che non conosco ed ho voglia di un buon posto dove mangiare, probabilmente chiederò aiuto a TripAdvisor che mi condurrà nel miglior ristorante. Per lo meno, il migliore secondo TripAdvisor, ma questo è un dettaglio. Io andrò lì.
Vado su Amazon per acquistare un libro, non uno a caso: uno di cui mi hanno parlato molto bene degli amici ieri a cena e mi hanno fatto venire una gran voglia di leggerlo. All’ improvviso mi ritrovo a navigare tra libri di cui ignoravo l’esistenza, molti dei quali sono finiti dritti dritti nel mio carrello.
Anche Facebook sembra sapere che cercavo uno zaino nuovo per il mio pc, quello di Mr.Robot per la precisione, e da due giorni mi spara pubblicità sugli zaini di Mr. Robot.
Oramai, la quasi totalità delle piattaforme online che utilizziamo hanno sistemi a supporto delle decisioni, noti con il nome tecnico ed un po’ inquietante di “Decision Support System” che qualcuno ha addomesticato in un più rassicurante “recommender”, ovvero “suggeritore”.
Questi motori raccolgono informazioni su di noi, ci “profilano” utilizzando algoritmi e strumenti di intelligenza artificiale e poi associano il nostro profilo a certe scelte (un prodotto, un servizio, una persona).
Scegliere è faticoso, perché devo elaborare un sacco di informazioni, rischioso, perché potrei non fare la scelta migliore e costoso, perché devo raccogliere tutte le informazioni che mi occorrono per fare la mia scelta. I suggeritori stanno diventando sempre più diffusi e, tutto sommato, utili.
Però, qualche dubbio sul fatto che stiamo andando nella direzione giusta, c’è.
- Quale prezzo pago per avere un aiuto così utile? Sicuramente il prezzo siamo noi stessi. Questi suggeritori sono insaziabili fagocitatori di dati e possono fare quello che fanno proprio grazie al fatto che raccolgono ed elaborano un mucchio di dati su di noi. E’ chiaro che se accettiamo di cedere parte della nostra privacy perché qualcuno ci aiuti a scegliere il jeans giusto, immagino che cederemmo qualunque informazione se questo potrebbe un giorno salvarci la vita. Supponiamo, per esempio, che un giorno qualcuno inventi un apparecchio in grado di accorgersi se sto per avere un infarto e chiama immediatamente i soccorsi, in modo tale che arrivino in tempo utile a salvarmi la vita. In cambio mi chiede solo di dargli accesso perenne alla mia posizione, ai miei parametri vitali, a quello che mangio o faccio in ogni momento. La mia vita vale una simile “trasparenza”?
- Gli algoritmi dei suggeritori sono “fair” o si può bluffare? Se faccio una ricerca su Google, supponiamo “rivenditori di patate”, in quale ordine questi rivenditori di patate mi vengono presentati? Può un rivenditore di patate comparire tra le prime pagine, utilizzando qualche trucchetto? La domanda è pleonastica: ovviamente la risposta è sì. E se la risposta è sì, allora gli algoritmi di decisione sui quali noi basiamo le nostre scelte, avvantaggiano alcuni a discapito di altri con un impatto immediato sul mercato. Questo finirebbe col creare una disparità: chi saprà meglio influenzare gli algoritmi dei decisori vincerà su chi non lo saprà fare, indipendentemente se il suo è il prodotto o servizio migliore.
- Fin dove si spingerà l’uso dei suggeritori? Li utilizzeremo anche per scegliere il candidato ad una competizione elettorale o chi assumere nella nostra azienda? Li utilizzeremo per decidere come comportarci con nostro figlio se lo scopriamo a fumare una canna? Quanto li renderemo centrali nelle scelte che prenderemo nella nostra quotidianità?
- Quanti dati su di noi stanno raccogliendo e soprattutto come li proteggono, a chi li vendono o con chi li scambiano? Da quali piattaforme raccolgono questi dati?
C’è, poi, un’ultima questione: come i suggeritori cambieranno la capacità dell’essere umano di prendere una decisione? Ognuno di noi, quando si trova di fronte ad un problema, lo risolve facendo ricorso ad i mezzi cognitivi che ha a disposizione: esperienza, conoscenza contestuale, conoscenza pregressa e così via. Ognuno di noi è più o meno rapido nel risolvere un problema e questo, oltre che a portare un vantaggio al diretto interessato, lo porta all’intera comunità. Immaginiamo, per esempio, tre automobilisti bloccati in un ingorgo ad un incrocio. Se uno dei tre realizza rapidamente quale è la maniera più rapida per sbloccare l’ingorgo, non ne beneficia solo lui ma tutti gli altri. Quando i “suggeritori” saranno diffusi e pervasivi nella nostra quotidianità, conserveremo ancora la stessa agilità nel trovare la soluzione ad un problema o diventerà terribilmente difficile risolvere anche le questioni più banali? E allora sarà qualcun altro a decidere al posto nostro. Domando.